martedì, ottobre 20, 2009

Lo "StranPaese"...

Una volta dell'Italia si diceva "Il BelPaese", ce lo dicevamo da soli e ce lo dicevano all'estero.

Chissà, adesso, quale nominativo usano i fratelli stranieri per descrivere l'Italia. Sicuramente faticano a capirci. La stampa estera resta incredula davanti alle vicende politiche del nostro Paese, basta dare un'occhiata ai titoli dei maggiori quotidiani stranieri per capirlo. In effetti il corto circuito politico è ormai giunto a livelli paradossali con un presidente del consiglio invischiato in scandali di ogni specie (privati, vedi le escort, giudiziari, finanziari etc.) ed un Paese ed un'opposizione incapace, o forse semplicemente poco interessata, a reagire.

All'estero una situazione del genere sarebbe inammissibile. Un personaggio come Berlusconi difficilmente potrebbe candidarsi, difficilmente vincerebbe, e al primo colpo sarebbe costretto alle dimissioni e mai e poi mai potrebbe ricandidarsi. Abbiamo visto come basta poco per far cadere ministri nelle altre nazioni europee, in Italia nemmeno la bocciatura del lodo Alfano ha sortito alcun effetto, cosa del resto prevedibilissima. Intanto, all'estero non si capacitano, scrivono sui giornali di fantomatiche dimissioni del premier, mentre in Italia tutto trascorre con tranquillità con un presidente del consiglio che deve presiedere a tre processi contemporaneamente.

La cosa assurda è, però, il rovescio della medaglia. Con un effetto "pappagallo" (basta vedere la sua reazione dopo la bocciatura del lodo Alfano) tramite il partito e i media a disposizione, vengono ripetuto slogan sconnessi dalla realtà e passati come fatti, così che alla fine tutti sono comunisti, tutti corrotti, la stampa e la Tv è contro il governo, i giudici sono di sinistra e così via... In un Paese in cui il presidente del consiglio controlla i maggiori mezzi di informazione si arriva a dire questo e normali trasmissioni di inchiesta vengono viste come sovversive (e "consiglia" agli industriali di non far pubblicità su questi giornali e durante queste trasmissioni, invitando anche a non pagare il canone Rai). Non accade in nessuna nazione democratica del mondo. Se pensiamo al caso delle escort ed allo "scandalo" della Daddario in tv, da Santoro ad "Annozero", mentre in America ai tempi di Clinton non ci fu nessuna polemica televisiva o giornalistica per il caso Lewinsky. Come giusto che sia in un Paese democratico, il presidente rispose a tutte le domande de giornalisti, anche le più scabrose, e la Lewinsky disse la sua versione in Tv e sulla stampa.

In effetti, gli attacchi alla stampa (49° Paese come libertà di stampa) sono ormai sempre più frequenti e c'è un vero e proprio sistema di intimidazione contro di essa. Esplicito, in tal senso, è l'intervento di Marco Travaglio sul giornalismo e sul fare il giornalista in Italia:



Da ricordare la manifestazione per la libertà di stampa del 3 ottobre (attaccata da Minzolini, direttore del Tg1, con successiva risposta dei suoi stessi giornalisti) che, almeno, ha avuto il compito di sensibilizzare un poco sulla vicenda. Ma siamo lontani, ancora lontani, serve una svolta decisiva.

Anche la rete, organo di libera informazione, è soggetto a nuove leggi restrittive. Internet fa paura ed i politici, destra e sinistra, cercano di controllarla, addomesticarla. In internet ognuno di noi ha un proprio "canale", un proprio "giornale" e, a chi vuole limitare le voci, questo fa paura. La supremazia in tal senso è importante, basti pensare alla lavata di capo che Berlusconi ha fatto a Fiorello quando è passato a Sky, pericoloso concorrente di "RaiSet" (a rete unificate per la nazione).
Le televisioni devono essere, infatti, a servizio della classe politica, atta anche a denigrare gli "avversari", come il caso del giudice Mesiano (che ha condannato Finivest a pagare 750 milioni alla Cir di Carlo De Benedetti) che viene spiato dalle telecamere di "Mattino 5" e mostrato in normali atteggiamenti, definiti però come "stravaganti" (fumare, avere calzini turchesi, diventati poi un simbolo).



Ed è meglio sorvolare sulle "scuse" di Claudio Brachino... D'altro canto, nella Tv delle veline e dei soldi facili, dell'informazione controllata (vedi Tg1), questa è ormai la normalità. "Il Giornale" diretto da Vittorio Feltri (e della famiglia Berlusconi) in perdita, è tenuto in vita solo per gli attacchi personali ai nemici del Premier.
Tutto questo riporta alla mente il finale del film di un lucidissimo Nanni Moretti che, già anni fa, avevo intuito lo sviluppo delle nostre faccende politiche ne "Il Caimano".



Ormai, la misura è colma, ma si continua ad andare oltre e si raggiungono limiti insormontabili ogni giorno. Come dire, non c'è mai limite al peggio. Intanto, mentre i politici tutti si puliscono il deretano con il tricolore, insultando istituzioni e altro, fa scalpore uno spot di calze con l'inno di Mameli al femminile:



Questa è l'Italia, se mi leggete dall'estero, non vi meravigliate. Forse un giorno tutti ci sveglieremo e allora, con la vergogna stampata sul viso, vi diremo: "Avevate ragione voi".

L'immagine dell'articolo è © di Vauro.

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